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Descrizione

Arrivando da sud, il paese si presenta con le case deliziose a grappolo sulla collina, dove di giorno il sole esalta il giallo dorato dei chicchi di uva matura sulle facciate di pietra tufacea, mentre di notte le luci richiamano l'inconfondibile immagine di un presepio. Alla cima del paese, due dignitosi edifici, tra loro vicini, emergono sugli altri: il castello, in posizione dominante e la chiesa di San Germano poco più in basso. Questa chiesa sorge in un punto panoramico addirittura suggestivo. La costruzione, in mattoni e tufo, a corsi alterni, fu iniziata nel 1761. Colpisce il contrasto tra l'austerità della facciata e il lusso delle decorazioni interne: l'interno della chiesa è infatti molto ricco. Molti affreschi (anche nel coro) di altissima qualità, opera di un artista dell'epoca. Il coro colpisce per la sua bellezza (proviene da Santa Croce di Casale). Per la sua ricchezza artistica, la chiesa di San Germano è scelta per concerti di musica classica.

Il castello, costruzione anch'essa in mattoni e tufo, uscito indenne dalle guerre che hanno travagliato le terre monferrine nel '600, fu sottoposto ad interventi radicali nella seconda metà del secolo XVIII, all'epoca della costruzione della chiesa parrocchiale di San Germano.

Proseguendo sulla provinciale per il vicino paese di Sala, all'altezza della cascina Pozzoltre, una stradina sterrata porta sulla sommità della collina, in località S. Orsola, dove, all'inizio del secolo sorgeva la chiesa omonima. Scendendo a Valle si raggiunge la cascina "Frati", al centro dell'ampia Valle dei Frati, costeggiata di zone boschive allo stato naturale. Il piccolo casolare abbandonato è quanto resta dell'antica proprietà delle monache del convento della Santissima Trinità di Trino, mentre è scomparsa la vicina chiesa di Santa Chiara. Il sentiero nasce nel 1988 su iniziativa di un gruppo di giovani del paese e riscuote oggi un grande successo tra tutti coloro che, percorrendolo, tra un'indicazione e l'altra, gustano il suo patrimonio boschivo e floreale. L'itinerario è molto interessante dal punto di vista turistico, didattico e ambientale ed è un valido esempio di impegno ecologico per la valorizzazione della zona.

La parte bassa del paese è annunciata dalla moderna chiesa di Sant'Eusebio, patrono del paese. A Ottiglio, il 12 settembre 1944 venne catturata la Banda Lenti, banda partigiana capeggiata da Agostino Lenti i cui componenti furono fucilati a Valenza, tra questi il giovane ottigliese Luigi Filippini, di 18 anni, a cui fu intitolata la piazza già Umberto I. In memoria di questo episodio, è stata affissa dall'attuale Amministrazione Comunale una targa ricordo. A poche decine di metri, nella centrale via Mazza, sulla sinistra, un'elegante vetrina espositiva segnala un laboratorio di ceramica artigianale denominato "Terra & Fuoco", sorto nel 1986. Un lungo e profondo "infernot" scavato nel tufo, a fianco della bottega, ospita, in un ambiente molto suggestivo e irreale le migliori opere della produzione artigianale.

La più bella borgata di Ottiglio è Moleto. Piccola frazione, adagiata su un altipiano del versante orientale del colle di San Germano, a circa due chilometri da Ottiglio, conta oggi una ventina di residenti. L'insediamento è molto antico, come testimoniano i due edifici religiosi probabilmente anteriori all'anni Mille, le chiese di San Michele e San Germano, quest'ultima scomparsa, e ricostruita, oltre alle misteriose Grotte dei Saraceni. L'origine etimologica del nome Moleto è incerta; già posta in relazione alla presenza nella zona dei Saraceni (il termine in dialetto piemontese è foneticamente identico infatti al termine arabo "muley" che significa "signore"). La chiesetta romanica di San Michele venne smontata nel 1968 e trasportata nel suo luogo attuale dal luogo della sua primitiva ubicazione, per l'avanzare dell'attività estrattiva del tempo. E' costruita in conci di tufo con facciata a capanna nella borgata omonima dedicata a San Michele. Sono in molti infatti a sostenere che il piccolo oratorio sorgeva su un'ampia cavità sotterranea di epoca imprecisata scavata nel tufo e distrutta dall'avanzare del fronte della cava.

Percorrendo l'unica strada centrale di Moleto, vale la pena soffermarsi ad osservare le abitazioni del sobborgo: esse, costruite con materiale proveniente dalla zona, i tradizionali conci di tufo, presentano tutte un aspetto signorile e si distinguono per la presenza di alberi secolari e di palme che ornano i loro giardini e testimoniano la mitezza del clima: si può notare la bellissima casa (astronomo casalese Giovanni Celoria, per molti anni direttore dell'Osservatorio Astronomico di Brera) costruita all'inizio del secolo, tutta in tufo con belle decorazioni esterne; il motto scritto sul portale d'ingresso "Concordia servatur domus"; i due grandi ed eleganti cascinali a destra e a sinistra del percorso. L'impressione è suggestiva sia quando spicca la luce del sole, facendo risaltare il colore giallo del tufo, sia di notte, quando i raggi della luna si riflettono sul biancore delle costruzioni. Oggi Moleto è diventato anche un luogo "cult" per i concerti jazz durante il mese di giugno e il bar su un grande prato panoramico, accanto al rinomato ristorante con affittacamere, realizzato nelle costruzioni del luogo. La chiesa parrocchiale di Moleto, crollata purtroppo due anni fa, era dedicata a San Francesco d'Assisi e venne costruita , forse in sostituzione di altra precedente, intorno al 1690 da famiglie della zona, in particolare le famiglie Celoria e Barberis. Era facilmente riconoscibile, anche da distante per l'alto campanile. Le case ristrutturate nel paese, conservando le tipologie tipiche, verranno utilizzate per attività di turismo congressuale: il progetto prevede anche attività di ristorazione e di commercio di prodotti tipici. Le colline intorno, di nuovo coltivate a vite dopo la chiusura della cava hanno riportato l'ambiente alla sua naturale incantevole bellezza. Le caratteristiche del terreno e l'esposizione al sole e ai venti rendono infatti questo grazioso angolo di Monferrato ottimale per la coltivazione della vite. Presso Moleto, si trovano le Grotte dei Saraceni, che si aprono nella cavità della Valle dei Guaraldi, sottostante l'alto colle di San Germano.

Ancora parzialmente inesplorate esse hanno esercitato e continuano ad esercitare un fascino indiscutibile sulla fantasia delle persone. Per molti anni la gente, soprattutto quella del posto, trascorse gli inverni, liberi dal lavoro della campagna, a scavare nella zona delle cave di Moleto alla ricerca del presunto tesoro dei Saraceni che peraltro nessuno mai trovò (www.ottiglio.teses.net). Le leggende narrano di nascondigli di feroci califfi che sgozzavano i prigionieri che non pagavano i riscatti; narrano anche di tesori nascosti e della maga Alcina che compare nella valle in alcuni periodi dell'anno, a protezione del tesoro. Si narra di un Mitreo di età romana, di un suggestivo lago sotterraneo, di uno sviluppo di grotte stimato di oltre cinque chilometri. L'esplorazione dei cunicoli, già stretti di per sé, risulta ancora più difficile per via degli interventi di otturazione degli ingressi effettuati dal governo mantovano nel XVII secolo per sottrarre nascondigli ai briganti dell'epoca. La mappa delle Grotte e la descrizione dei ritrovamenti, su cui comparivano schizzi dei vasi lustrali e del mitreo stesso, eseguita nel 1600 dal Conte Mola, è andata distrutta, si dice per mano del signor Maschera, giovane studente universitario, che la scoprì in un libro della biblioteca di Casale. Ne sopravvive una versione recente, ricopiata dallo stesso Maschera, ma non vi è più traccia degli originali secenteschi. Fonti storiche narrano che il Conte Mola, abitante all'epoca nel castello di Ottiglio, ritenendo non maturi i tempi per portare alla luce il tesoro, lo avesse nascosto in un altro vano delle Grotte e avesse ucciso il servo che lo aiutò.

Si narra inoltre che lo stesso Conte avesse inciso delle epigrafi su alcuni mattoni in tufo del muro del castello in forma di indovinello per individuare il nascondiglio del tesoro. Una di queste si trova ora sulla facciata della chiesa parrocchiale di San Germano che dall'alto domina il paese, in quanto alcuni mattoni del castello furono utilizzati per la ricostruzione della chiesa nel XVIII secolo.

Moleto era un tempo famosa per la fonte di acque idroponiche "Curella" sulla strada che la collega alla vicina Valle Ghenza. Lo stabilimento termale "La Curella", molto famoso nel secolo scorso, venne realizzato da Giuseppe Barberis, di antica famiglia di Moleto. Sfruttava la fonte di acque magnesiache e solforose ed era attrezzata sia come luogo di ristoro che di cura termale, cui si accedeva percorrendo uno splendido viale alberato, tutt'ora presente. Il vecchio fabbricato, ora assediato dalla vegetazione, non ha perso il ricordo dell'antico splendore. Ampi trattati dell'epoca e testimonianze di medici del territorio in quel tempo narrano di questo importante stabilimento e dell'importanza di queste acque curative per parecchie patologie.




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